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Il tesoro ritrovato, parte seconda: rio dei vetrai e dintorni

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seconda parte

Come promesso (e prima del previsto) Rialtofil pubblica un secondo scorcio del manoscritto, con due buone notizie a titolo di introduzione: la prima riguarda l’autore del manoscritto, la seconda i diritti d’autore. Andiamo per ordine:

La prima “notizia” è che la carta è quasi sicuramente attribuibile a Hendrick Danckerts, pittore e incisore olandese specializzato nella riproduzione di paesaggi, porti e residenze reali. Non è una certezza ma in favore dell’attribuzione concorrono due indizi concordanti sui quali non voglio annoiarvi, ma per i quali vorrei pubblicamente ringraziare la persona che mi ha messo sulla “pista giusta”: Laurie Hussissian, che di Venezia è innamorata, di Murano è stata ospite e di mestiere lavora nella biblioteca di Vernon (Lincolnshire). Congratulazioni e grazie, Laurie!

Seconda notizia (legata alla prima): i diritti d’autore. Questa carta è già stata riprodotta in due diverse pubblicazioni, ma senza i margini inferiore e superiore e in formato “ridotto” (rispetto alle sue reali dimensioni). La versione in mio possesso (più alta e più larga di quelle altrove riprodotte) contiene un’indicazione che potrebbe essere la data (in numeri romani come si usava fra le persone di cultura, quando il latino era ancora la lingua franca degli accademici) o il numero della tavola, come sono propenso a credere. Nel secondo caso, potrebbe trattarsi di un foglio di atlante, isolario o portolano che ha seguito il destino di tanti suoi simili: passato di mano dalle famiglie nobili ma non più facoltose a certi antiquari, che anziché cercare un acquirente degno di questi atlanti trovavano più “profittevole” e remunerativo ritagliarli e venderli a pagina (o a tavola!) come tutti possono constatare nei mercatini dell’antiquariato.. con il risultato che per poter consultare la versione integrale dell’Atlas Maior del Merian (da cui è tratta la veduta “a volo d’uccello” più riprodotta della storia di Venezia) l’unico modo è recarsi alla Biblioteca Nazionale di Vienna (per le tavole di Jacopo de Barbari invece non vi servirà andare così lontano: sono conservate al Correr di Venezia). Diritti d’autore e vincoli di riproduzione, stavo dicendo: essendo largamente trascorsi (dal 1.600 o dintorni ad oggi) i termini di decadenza del diritto d’autore, potrete liberamente riprodurre queste immagini se lo vorrete.

Cosa ci racconta allora la carta, in questa seconda puntata?

Tanti piccoli dettagli, fra cui ne scelgo alcuni con riserva di approfondirli. La struttura del rio dei vetrai, al centro del distretto produttivo di cui Murano ebbe il “monopolio” per decreto del 1295, è rimasta sostanzialmente immutata, con i suoi tre ponti. Non tutti sanno che il “ponte di mezzo” ospita uno dei pochi leoni di pietra autentici e “superstiti” che sopravvissero alla furia distruttrice degli scalpellini pagati da Napoleone per cancellare ogni traccia del leone marciano (nelle pasque veronesi, le folle erano insorte al grido di “San Marco”): “gettato nel rio, venne recuperato da mani amorose in attesa di tempi migliori” per poi essere riparato e ricollocato al suo posto! In termini di dimensioni, diciamo pure che è un leoncino ma è da quel ponte che venivano letti i bandi e i proclami della Serenissima e la sua valenza simbolica è dunque grande.

Leone Murano

Murano all’epoca aveva circa 8.000 abitanti, era retta da un proprio Podestà (che diventerà poi un Sindaco, prima che il Comune venisse accorpato a Venezia nel 1923) e aveva un suo Libro d’Oro (redatto nel 1602, per disposizione del Podestà Barbarigo). Il prestigio dei maestri vetrai era tale che potevano girare armati e, unici fra i non nobili, potevano sposare le figlie dei patrizi. Nelle due foto che seguono, il rio dei vetrai con gli edifici più antichi fra quelli rimasti: splendidi esempi di gotico veneziano con le caratteristiche finestre che ne facilitano la datazione anche ad un occhio non esperto (perché così diverse da quelle che si imporranno nei secoli successivi). Entrambi gli edifici sono visibili sul lato destro del rio (venendo da Venezia) ovvero in Fondamenta Manin.

Muran09011 002

Muran09011 007

La chiesa di San Pietro Martire (ricostruita nel 1511) è tuttora ben visibile a sinistra del rio dei vetrai (venendo da Venezia, fermata Colonna), ma nella carta del ‘600 appare anche un’istituzione religiosa ormai scomparsa: quella di San Cipriano, dove studiò il Poeta italiano più romantico e.. focoso: Ugo Foscolo (nativo di Zante, isola greca dello Ionio che fino al 1797 rimase saldamente in mano veneziana). Di quei fasti rimangono una calle (San Cipriano) e una scuola (intitolata al Poeta). Sulle vicende che portarono all distruzione di questa ed altre chiese nella prima metà dell’Ottocento (durante la seconda dominazione austriaca) rinvio alla monumentale e insostituibile opera di Alvise Zorzi: “Venezia scomparsa” (edit. Electa) dalla quale apprendiamo ad esempio che il sontuoso mosaico di San Ciprano venne acquistato nel 1838 dal principe ereditario di Prussia, spedito in Germania e ricollocato nell’abside della Friedenskirche di Postdam (la “Versailles” prussiana)!

Nel canal grande di Murano c’era già un “ponte longo” (come viene attualmente denominato) che probabilmente era in legno (come del resto quello di Rialto, fino a pochi decenni prima). A quel ponte è legato un mio ricordo personale: quando nel 2006 l’Italia vinse per la quarta volta i mondiali di calcio, molti muranesi festeggiarono a modo loro: tuffandosi dal ponte (la cui altezza è ragguardevole)! Per immaginare invece la bellezza di queste rive nei secoli precedenti, con i palazzi e le chiese che non possiamo più ammirare (argomento su cui intendo ritornare, nelle prossime puntate) dobbiamo rifarci ai quadri: come quello del Canaletto (conservato all’Hermitage di San Pietroburgo) per la chiesa di San Giovanni che sorgeva sull’omonima fondamenta e quello di Giuseppe Heinz  il Giovane (al Museo Correr) che raffigura un corteo acqueo dal cui sfarzo si capisce perché anche questo meritasse l’appellativo di Canal Grande, come il suo più celebre “fratello”.

Ritornando alla carta del 600, in basso a sinistra sono ben visibili le isole di San Cristoforo della Pace e San Michele, che ospita la prima chiesa rinascimentale di Venezia (opera del Codussi, anno 1469) e all’epoca veniva chiamata la “cavana de Muran” (cavana = riparo per le barche) o anche “San Michele in Paluo” (palude), ma ancora non accoglieva il cimitero attuale, con le tombe celebri che la rendono meta di tante visite. Se è il tipo di visita che vi interessa, una lista la trovate qui:

http://venicewiki.org/wiki/San_Michele

..mentre sulle vicende che portarono a riunire le due isole, consiglio questa lettura:

http://farworkshop.wordpress.com/2012/07/17/andare-a-far-due-passi-al-cimitero/

Su Murano ci sono ancora tante cose da dire.. ma mi restano altre due “puntate” per farlo. A presto,

Rialtofil



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